Indice
- Premessa
- Comprendere per agire
- Cultura, Innovazione e Strategia
- Industria 4.0 una storia che diventa conoscenza
- Industria 5.0. Verso un’industria europea sostenibile, centrata sull’uomo e resiliente
- La sfida della Governance
- La chiave della Collaborazione
- Dalla infrastruttura digitale alla Società 5.0
- Prospettive (Manifesto)
- BIBLIOGRAFIA
Premessa
In un nostro precedente articolo, dismessi gli abiti del clero digitale, avevamo ipotizzato il superamento dell’approccio alla sostenibilità puramente razionalistico attraverso un approccio alla sostenibilità come processo trasparente e condiviso di cambiamento sociale su scala globale, in cui ingegneri e progettisti possono comunque avere un ruolo determinante per la loro capacità, unanimemente riconosciuta, di agenti del cambiamento. L’interpretazione della sostenibilità come iniziativa di cambiamento sociale sembrava favorita
dalle politiche dell’Europa Unita ma avversata, in modo silenzioso e sistematico, dai nuovi padroni del mondo digitale.
Nella sostenibilità come cambiamento sociale il contributo delle tecnologie abilitanti arrivava buon ultimo dopo cultura e strategia e soprattutto si enfatizzava consapevolezza e responsabilità dei decisori, nel rispetto del principio di trasparenza.
Proponevamo quindi di governare la forza delle tecnologie digitali per la “massima sostenibilità” con il recupero di esperienze originali di comunità, un nuovo umanesimo digitale in grado di coniugare filosofia, scienze sociali, discipline STEM per costruire una società digitale inclusiva, alternativa ai “feudi digitali”. Nella proposta si riteneva necessario intervenire sul presente e cambiare il verso dello sviluppo digitale per ricondurlo ad un progresso sociale fatto di trasparenza, simmetria informativa, libertà di consumatori, imprese e cittadini digitali.
Con il presente articolo intendiamo riprendere il cammino iniziato, sempre con un occhio attento alla nostra comunità di ingegneri, alla trasformazione digitale, all’innovazione ma mettendo in evidenza l’importanza della governance in tale percorso e proponendo alla fine un “Manifesto” programmatico rivolto ai progettisti organicamente strutturati nei settori impegnati nell’innovazione per la sostenibilità e coinvolti nella progettazione delle opere con specifici obiettivi della transizione ecologica (verde) e di quella digitale (blu).
Il VERDE vuole essere il colore della Natura amica dell’umanità.
Il BLU vuole essere il colore della digitalizzazione, delle nuove ICT che hanno cambiato l’industria e il nostro modo di vivere.
Purtroppo, non si vede alcuna armonia tra il movimento VERDE e quello BLU. Le grandi potenze economiche e tecnologiche dimostrano di essere in grado di svilupparsi aggirando ogni limite e aggravando i problemi del degrado ambientale e del surriscaldamento climatico.
Peggio ancora dello sconfortante attuale stato di fatto sono le singole/locali iniziative prese per affrontare problemi di natura globale.
Cambiare direzione e cambiare passo sembrava una evidente e urgente necessità. La questione ora è: come orientare il cambiamento?
Proviamo a fare una cosa che sappiamo fare, sperando che sia utile: innovare. La “buona innovazione” è quella che oggi potrebbe consentirci di diventare sostenibili: lo scenario proposto individua “una” transizione ecologico – digitale basata sulla disponibilità dei dati e sulla capacità di governarli.
Comprendere per agire
Prima delle proposte di soluzione c’è la comprensione dello scenario dove definire il tema della sostenibilità e individuare le possibili opzioni da scegliere.
La sostenibilità è comunemente definita come lo stato del sistema globale (compresi gli aspetti ambientali, sociali ed economici) in cui i bisogni del presente sono soddisfatti senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Dal punto di vista valoriale la definizione mette bene in evidenza come la vita e il suo futuro debbano prevalere sugli svariati interessi del presente. Dal punto di vista operativo non mancano ambiguità e contraddizioni, ciononostante si può affermare che la sostenibilità così definita è oggi un problema a causa del modello attuale di sviluppo economico e della mentalità che lo genera e lo alimenta.
Consapevoli della incertezza e della complessità del tema rispetto ai limiti della nostra conoscenza, per guardare più lontano saliamo sulle spalle dei giganti.

Albert Einstein ci dice che “non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato”: le sue parole spiegano il fallimento di tutte le singole/locali iniziative prese finora per la sostenibilità.
Adriano Olivetti ci dice: “… Abbiamo voluto ricordare nel suo rigore razionalista, nella sua organizzazione, nella riproposizione dei servizi culturali ed assistenziali, l’assoluta indissolubile unità che lega la fabbrica ad una tecnica che noi vogliamo al servizio dell’uomo onde questi, lungi dall’esserne schiavo, ne sia accompagnato verso mete più alte …”
Le sue parole indicano le possibili soluzioni solo se ne riconosciamo la radicale novità culturale rispetto al modello di sviluppo dominante. Il modello rivoluzionario di Adriano
Olivetti è stato rimosso con la compiacenza di tutte le élite culturali italiane dell’epoca.
Cultura, Innovazione e Strategia
In Italia
Lo stato di avanzamento dei lavori PNRR indica gravi ritardi.
La transizione ecologico-digitale è sospesa per chiarimenti in corso.
Anche gli Ingegneri coinvolti nella progettazione delle opere finalizzate a realizzare la transizione ecologico-digitale oggi non si sentono molto bene.
La battuta, copiata per l’ennesima volta dal talentuoso autore originale, vorrebbe alleggerire l’impegnativo peso di una situazione molto rappresentata, eppure ancora piena di aspetti oscuri da chiarire.
Cominciamo con gli ingegneri
Da un lato secondo ricerche recenti le decisioni assunte durante il processo di Progettazione / Sviluppo di un prodotto determinano la maggior parte (fino all’80%) dell’impatto ambientale derivante dal prodotto stesso.
A maggior ragione quindi, diventa necessario progettare con un orientamento alla sostenibilità (progettazione sostenibile) ovvero con un approccio che miri a creare soluzioni che siano (ambientalmente, socialmente ed economicamente) sostenibili nel breve e nel lungo termine.
Occorre considerare, pertanto, l’impatto ambientale, sociale ed economico del progetto cercando di minimizzare gli effetti negativi e massimizzando i benefici per l’ambiente e la comunità.
Tecnologie e soluzioni per la sostenibilità presuppongono un professionista progettista super eroe, che risolve i problemi cercando di capire il contesto in cui opera e la sua evoluzione e individua la soluzione migliore, relativamente al contesto, per risolvere il problema che gli è stato sottoposto. Questo è l’auspicio.
Le speranze di sostenibilità devono poi fare i conti con le condizioni reali di progetto, con tempi limitati, budget limitati, mancanza di capacità e/o volontà di utilizzare competenze multidisciplinari…
Continuiamo con la PA centrale e locale.
Da un lato abbiamo l’autorità governativa che si affida alla iniziativa delle imprese per modernizzare il Paese attraverso un nuovo quadro normativo con al centro il codice degli appalti, da un altro le istituzioni e le imprese che hanno l’obbligo (?) d’intraprendere un percorso d‘innovazione digitale, da un altro ancora le imprese affidatarie che si assumeranno la responsabilità di realizzare nuove opere fisico-digitali da integrare in un nuovo contesto orientato alla sostenibilità.
Sebbene appaia che situazione stia diventando ancora più incerta e più complessa, la risposta è apparentemente semplice: strategia di digitalizzazione per tutti.
Le tecnologie digitali sono di gran moda, ma la loro adozione non è in sé garanzia di successo: c’è il concreto pericolo che esse diventino il (troppo) costoso ornamento di processi obsoleti.
Le tecnologie digitali sono solo strumenti in grado di abilitare l’innovazione (digitale) intesa come il cambiamento che realizza e/o ridistribuisce valore attraverso nuovi prodotti – processi – servizi (Intelligenti Autonomi Connessi).
In quanto strumenti le tecnologie digitali sono neutre rispetto alla sostenibilità, ne deriva la necessità che i progetti di trasformazione digitale siano monitorati e misurati per dimostrare coerenza con gli obiettivi di sostenibilità (la cosiddetta sostenibilità digitale).
Ma la digitalizzazione è per tutti?
Innanzitutto, la digitalizzazione ha dato e continuerà a dare impatto sulla complessità. Si pensi a Globalizzazione, e-commerce, big data, cybersecurity, nuovi modelli (produttivi, organizzativi e di business), Disruptive Technologies e alle conseguenze che tutte tali questioni, variamente intrecciate, hanno prodotto sui comportamenti sociali e sui valori etici alla base della società. Ne consegue che la capacità di gestire la complessità è fattore chiave per il successo del business e per il controllo/governo dei relativi impatti sociali ed etici.
L’AI, infine, genera ulteriori problematiche di complessità per l’etica, la privacy, la sicurezza, il mercato del lavoro, le decisioni dei sistemi autonomi (es. veicoli autonomi, etc).
Sulla base di queste considerazioni riformuliamo meglio la provocazione.
Le organizzazioni (tutte le organizzazioni coinvolte nella transizione ecologico-digitale e non solo le imprese)
- Hanno la cultura dell’innovazione necessaria per governare l’adozione delle tecnologie digitali?
- Sono in grado di capire il valore dei dati nella SUPPLY CHAIN di riferimento e di predisporre i necessari trattamenti?
- Sono in grado di rendere conto dei trattamenti dei dati loro affidati, prima – durante – dopo il progetto dell’opera, creando nuovo valore e proteggendolo dalle minacce note?
Per diventare consapevole della complessità e dare risposte adeguate la transizione ecologico-digitale potrebbe guardare all’evoluzione di Industria 4.0 verso Industria 5.0.
Industria 4.0 una storia che diventa conoscenza
Dal 2011 ad oggi è maturata la consapevolezza che l’umanità stia entrando nella sua IV rivoluzione industriale, nota in Europa come Industria 4.0 e caratterizzata da una forte discontinuità tecnologica. Il cuore di Industria 4.0 è costituito dal sistema smart, le cui caratteristiche (intelligenza – autonomia – connessione) sono abilitate dalle nuove ICT (BIG DATA, IoT, Intelligenza Artificiale, Cloud Computing, Smart Manufacturing, Manifattura, Additiva, Realtà Aumentata, Cyber Security, …).
In Italia, il primo piano di Industria 4.0 è stato introdotto nel 2016 ed ha promosso il cambiamento su molteplici fronti tra loro correlati: nel Manufacturing si sono definite nuove tecniche di progettazione – produzione – distribuzione, ma la novità più importante è stata la creazione di nuovi modelli di business basati sulla gestione e l’interpretazione dei dati integrati nei prodotti smart introdotti nel mercato.
Inizialmente la risposta delle imprese non sempre è risultata adeguata alle opportunità (anche finanziarie) rese disponibili dai programmi governativi di Industria 4.0. Molte imprese sono andate in affanno per inseguire i Leader del settore nel percorso d‘innovazione digitale. Hanno commesso l’errore di interpretare l’acquisizione di una nuova tecnologia digitale come la semplice sostituzione di una macchina obsoleta con una macchina nuova, scontando tutto il proprio ritardo nella cultura digitale e tutte le lacune nelle competenze necessarie per innovare.
L’errore commesso sta nel pensare che l’innovazione si possa vendere come si vende una macchina nuova, e dunque la si possa comprare. L’innovazione digitale, invece, è una iniziativa interna alla organizzazione che concepisce e crea valore attraverso nuovi prodotti – processi – servizi abilitati dalle tecnologie digitali. La semplificazione concettuale operata ha orientato le imprese alla sola introduzione di impianti smart (intelligenti e connessi) in produzione senza la dovuta consapevolezza dell’impatto negli altri processi d’impresa (es.: concept – design – delivery) e della individuazione di nuovi modelli di business per amplificare i benefici derivanti dall’innovazione introdotta.
I difetti d’impostazione sono stati riconosciuti e compensati e la continua e ampia diffusione delle tecnologie nel mercato ha abbattuto le barriere tra domini di conoscenza ed ha contribuito alla condivisione di una comune cultura digitale nelle imprese industriali in termini di singole organizzazioni e di complesse SUPPLY CHAIN.
Quella storia industriale può essere il capitale iniziale della transizione ecologico-digitale.
Industria 5.0. Verso un’industria europea sostenibile, centrata sull’uomo e resiliente
La Direzione Generale per la Ricerca e l’Innovazione della Commissione Europea propone una visione coerente per il futuro dell’industria europea, chiamata “Industria 5.0” e caratterizzata dalla sua capacità di conseguire obiettivi sociali oltre che economici, di diventare fornitore resiliente di prosperità, di rispettare i limiti del pianeta e di porre al centro del processo produttivo il benessere dei lavoratori dell’industria.
“Industria 5.0” è una trasformazione già in atto, che armonizza Blu e Verde per risanare l’ambiente e l’economia. L’industria risulta essere il perno di questa importante transizione, rappresentando il mezzo unico per raggiungere il benessere dal punto di vista umano e produttivo, ma rispettando l’ambiente in cui viviamo.
Obiettivo della Politica Europea è quello di portare l’industria ad essere più sostenibile e resiliente.
Le nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale sono al centro della trasformazione: l’AI generativa porterà alla collaborative industry tra macchine ed essere umani, senza dimenticare che la nuova AI è ormai giunta, in alcuni ambiti, al terzo livello della piramide dei dati (DIKW Data, Information, Knowledge, Wisdom). A sostegno di Industry 5.0 l’uso dell’intelligenza artificiale nell’EU verrà regolamentato dalla prima norma al mondo sull’intelligenza artificiale.
Lo sviluppo della cultura digitale nell’intero Paese potrebbe prendere slancio dalla conoscenza accumulata con la partecipazione attiva dei Leader culturali (DIH – Digital Innovation Hub, Competence Center, Accademia)
- selezionando le più significative lezioni apprese nel mondo del Manufacturing con il radicale
cambiamento di Industria 4.0/Industria 5.0, - avviando una riflessione su come sono state implementate le tecnologie digitali,
- riconsiderando le iniziative digitali nella transizione alla luce delle analogie riproponibili sulla scorta dell’esperienza Industria 4.0/Industria 5.0.
La transizione può riutilizzare esperienze e conoscenze del Manufacturing se le organizzazioni dei Settori interessati partono prima dal cambiamento culturale e dalle competenze necessarie per innovare e poi arrivano a definire la nuova strategia: solo quando sarà stata acquisita la necessaria consapevolezza si potranno selezionare, introdurre e governare tutte le tecnologie in grado di abilitare la digitalizzazione di processi – progetti – prodotti – servizi.
In altre parole, le organizzazioni dei Settori interessati alla transizione dovrebbero partire dalla Governance.

La sfida della Governance
Su questa parola chiave si attenua l’utilità delle analogie con il manufacturing: da un lato prende evidenza la specificità dei vari Settori coinvolti nella transizione e delle relative SUPPLY CHAIN che realizzano i sistemi, dall’altro diventa necessario monitorare in quale misura la transizione risponda agli obiettivi di sostenibilità.
Ciascun Settore è caratterizzato da un suo insieme di attori che influenzano il risultato finale: le stazioni appaltanti, le imprese appaltatrici, gli studi di progettazione e i professionisti, la filiera dei componenti e dei materiali, i lavoratori, i responsabili della gestione del sistema, la comunità degli utilizzatori finali.
Siamo di fronte a un complesso sistema di sistemi definito in un dominio esteso fisico – digitale, da considerare unitariamente e non per parti.
L’evoluzione sostenibile del Settore richiede il concatenamento di capacità di governance (compresa la capacità di governare i dati) dei soggetti (Cittadini, Imprese, Istituzioni, PA) di volta in volta coinvolti nel ciclo di vita del sistema.

L’innovatore (es.: la stazione appaltante) concepisce l’intero sistema (es.: opera pubblica), compresi gli aspetti digitali. La governance del soggetto innovatore indirizza l’iniziativa innovativa (es.: l’appalto dell’opera pubblica) e ne definisce i contenuti, compreso il patrimonio iniziale di dati – informazioni – conoscenze relativo alla sostenibilità e agli altri requisiti per lo sviluppo del progetto.
La catena di fornitura condivide i requisiti, offre soluzioni, integra il patrimonio iniziale di conoscenze. L’accordo tra le Parti consente l’avvio dell’iniziativa che realizza valore sostenibile attraverso il prodotto-servizio fisico-digitale e il relativo patrimonio di conoscenze.
Il progetto coinvolge tutte le parti interessate secondo gli indirizzi concordati con la governance del soggetto innovatore e consegue i risultati attesi, compresi gli aspetti digitali. La governance del progetto sviluppa organicamente l’opera fisico-digitale e il relativo patrimonio di dati – informazioni – conoscenze.
Il soggetto gestore prende in carico il sistema fisico-digitale finito (es.: smart building). La governance del soggetto gestore abilita gli usi previsti del sistema fisico-digitale ed eroga i servizi concordati anche grazie al continuo aggiornamento del patrimonio di dati – informazioni – conoscenze.
I Cittadini sostengono i costi e usufruiscono di beni e servizi. La conduzione operativa di beni e servizi (es.: smart home) abilita il conseguimento dei benefici previsti ed incrementa il relativo patrimonio di dati – informazioni – conoscenze.
Dal ragionamento fatto prende corpo un concatenamento di capacità di governance, compresa la capacità di governare i dati, dei soggetti (Cittadini, Imprese, PA) di volta in volta coinvolti nel ciclo di vita dell’opera. Il concatenamento delle capacità di governance dovrebbe diventare un ciclo virtuoso in grado di abilitare la cittadinanza e l’autorità politica in un governo del territorio e della città basato sui dati di fatto generati ed elaborati lungo l’intero ciclo di vita dell’opera.
La gestione degli spazi digitali connessi all’opera, dal concept iniziale fino all’uso finale, richiede che gli attori, nel loro insieme, abbiano a tutti i livelli una solida cultura digitale e siano consapevoli che l’efficacia del sistema complessivo risiede nella capacità della governance: nell’intero ciclo di vita dell’opera il responsabile di ciascuna fase dovrà gestire in modo unitario la interazione tra la dimensione fisica e quella digitale e in piena collaborazione con le fasi a monte e a valle.
La chiave della Collaborazione
Riconoscere la nuova complessità significa anche comprendere la necessità di governare il processo con il coinvolgimento, la partecipazione, la condivisione e collaborazione di tutti i portatori di interesse.
Collaborare per innovare significa adottare un modello in cui la cultura digitale dell’organizzazione leader è l’elemento propulsivo e le tecnologie digitali costituiscono gli elementi che abilitano la collaborazione.
Il tema della leadership ritorna nell’attuazione dell’approccio collaborativo: ancora una volta è la capacità di governance del leader che mette in moto la collaborazione.
Le premesse della prassi collaborativa sono pari dignità nel processo di condivisione, regole chiare d’ingaggio, partecipazione attiva, scambio delle informazioni e dei dati, trasparenza dei processi, chiarezza degli obiettivi.
Il principio della collaborazione è la logica win2win. La Collaborazione è pur sempre un percorso di confronto tra le Parti che inizialmente difendono i propri interessi, ma poi decidono di cooperare a un livello che si può conseguire solo se si accetta la fatica della ricerca del consenso e si sperimentano quelle soluzioni in grado di assicurare situazioni di simmetria informativa e di permettere ai Collaboranti tutti di condividere il successo in modo paritario.
In tale modello sono tutti artefici del successo e ognuno nella realizzazione del percorso trae il comune beneficio di consolidamento delle conoscenze e competenze, favorendo ulteriori possibilità di cambiamento e proseguendo costantemente nella cultura dell’innovazione.
Dalla infrastruttura digitale alla Società 5.0
I Settori della transizione potrebbero riconoscersi/rifondarsi come comunità e partecipare alla più ampia cittadinanza digitale nella quale ogni attore, nel rispetto del proprio ruolo, contribuisce allo sviluppo solidale e responsabile del territorio, operando con attenzione lungo i percorsi d’innovazione per la sostenibilità.
La realizzazione di comunità aperte e l’affermazione del modello collaborativo non sono confinate alla vita del prodotto/servizio. Se la “digitalizzazione per tutti” schiva il pericolo di diventare uno slogan destinato a consumarsi presto e diventa un’idea-forza al servizio della sostenibilità, allora comunità e collaborazioni nate sulle singole opere possono concorrere alla generazione di una piattaforma comune della conoscenza e al conseguente adattamento del ciclo di governance.
Tutti i soggetti partecipi della comunità nello spirito di condivisione e collaborazione possono contribuire con le proprie conoscenze ad arricchire una piattaforma condivisa che risultando l’integrazione della conoscenza dei diversi attori restituisce un bagaglio incrementale che migliora la base di ognuno e accelera i processi di miglioramento, innovazione e sostenibilità.
La conoscenza condivisa, quindi, diventa volano dello sviluppo del territorio, fattore di successo per tutti, superamento delle barriere di accesso, potenziale efficace per la competizione e contributo rilevante per la resilienza, concetto che s’irrobustisce scalando dalle organizzazioni ai territori fino a dimensioni globali.
Prospettive (Manifesto)
La nuova governance proposta (plurale, adattativa e collaborativa) basata su dati – informazioni – conoscenze richiede che
- Tutti i progettisti organicamente strutturati nei Settori impegnati nell’innovazione per la sostenibilità e coinvolti nella progettazione delle opere con specifici obiettivi di sostenibilità debbano seguire delle linee guida da sviluppare per le aree disciplinari rilevanti.
- Le linee guida debbano essere in grado di
a. orientare il progettista nella raccolta/definizione dei requisiti di sostenibilità dell’opera, ora espressi in modo poco chiaro o addirittura impliciti nelle dichiarazioni di principio,
b. aiutare il progettista nell’impegno di conformità alle norme e alle leggi esistenti in materia,
c. mettere a disposizione le basi di conoscenza che facciano da ponte tra il lavoro quotidiano del progettista e la frontiera della conoscenza e che consentano di analizzare anche le aree definibili grigie perché non ancora normate. - Le Comunità tecnico-scientifiche e le Istituzioni debbano promuovere un’attività di individuazione di indicatori della sostenibilità che possano essere utilizzati per la progettazione e per le altre fasi del ciclo di vita.
- Le Università e gli Ordini professionali, a fronte di un cambiamento di paradigma così profondo e radicale, debbano collaborare sia per rinnovare le aree disciplinari verticali sia per predisporre a favore dei progettisti coinvolti nella transizione ecologico-digitale percorsi formativi trasversali che integrino le loro competenze in materia di:
- Principi di Sostenibilità per prodotti/processi/organizzazioni e relative valutazioni delle prestazioni,
- Stakeholder Engagement,
- Program/Project Management,
- Sustainable Supply Chain Management,
- Uncertainty/Risk Management,
- Innovation Management.
Ma questa è un’altra storia….
BIBLIOGRAFIA
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ESPOSITO B., TETA V., la buona innovazione (2016)
ESPOSITO B., TETA V., oltre la buona fabbrica (2016)
ESPOSITO B., TETA V., la più bella del mondo parla digitale (2018)
ESPOSITO B., TETA V., La Governance al tempo dell’impresa 4.0 (2019)
ESPOSITO B., TETA V., nuovi equilibri tra innovazione e sicurezza nella trasformazione digitale (2020);
ESPOSITO B., ESPOSITO G., TETA V.: “Sostenibilità, responsabilità e società digitale: una riflessione”. (2020);
PRASSI DI RIFERIMENTO UNI/PdR 147:2023 – Sostenibilità digitale – Requisiti e indicatori per i processi di innovazione.
Il percorso verso la sostenibilità, come evidenziato nell’articolo, richiede un rinnovato approccio alla progettazione e realizzazione delle opere. Non possiamo più affidarci esclusivamente alle informazioni disponibili al momento della progettazione per soddisfare i requisiti di sostenibilità. È fondamentale adottare un modello di progettazione evolutivo, che si adatta e migliora man mano che emergono nuove informazioni dal contesto. L’impiego di tecnologie avanzate come il BIM e l’intelligenza artificiale, insieme a un’analisi ricorsiva del rischio e del valore, diventano strumenti cruciali. È altresì importante che i committenti si aprano alla possibilità di modificare i loro piani e riconoscano il valore delle attività di progettazione ripetute, finanziandole adeguatamente. Questa flessibilità e apertura al cambiamento sono essenziali per navigare la complessità della transizione verso una sostenibilità integrata.
condivido al 101%. Nell’articolo AI è un tema poco approfondito, ma ci stiamo lavorando
L’articolo solleva un dubbio sull’obbligo da parte delle imprese per l’innovazione digitale e la sua relazione con la sostenibilità. Potrebbe essere utile approfondire se esiste un obbligo di legge in merito all’innovazione digitale o se ci sono solamente linee guida generali da parte del legislatore.
L’aspetto interessante della trattazione è che solleva un punto a cui non avevo mai pensato, ovvero la neutralità delle tecnologie digitali rispetto alla sostenibilità e la necessità di monitorare e misurare i progetti di trasformazione digitale per dimostrare la loro coerenza con gli obiettivi stessi.
Le tecnologie (digitali) sono strumenti nelle mani dell’impresa innovativa che le utilizza per abilitare l’innovazione – creazione di valore attraverso il nuovo. Questa riflessione sposta l’attenzione dalla tecnologia al valore: l’impresa decide sul valore, se massimizzare il profitto o massimizzare la sostenibilità (Pianeta, Persone, Profitti). P. S.: nel nuovo codice degli appalti pubblici c’è l’obbligo del BIM.